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ANCH’IO PARLO.....ITALIANO

ANCH’IO PARLO.....ITALIANO - Associazione JONATHAN L. onlus

Mancano pochi minuti alle 17 ed il cortile del civico 36 di via F. Marchetti si anima all’improvviso di volti nuovi ed originali. Tutti parlano lingue diverse, ma non è il giorno della Pentecoste di 2000 anni fa.

 Ognuno parla la sua lingua e tutti sono convenuti nella Parrocchia della SS. Trinità per imparare la nostra lingua, la lingua italiana. Il martedì e il venerdì, dalle 17 alle 18,30, tutte le aule del 1 piano sono affollate appunto per le lezioni del corso di lingua italiana per gli immigrati del nostro quartiere.

Quartiere che per la circostanza vede i suoi confini allargarsi a dismisura tanto da perdere i suoi connotati, perché il tam-tam del nostro “corso d’italiano” arriva anche da fuori Roma.

Chi frequenta questa “scuola” un po’ anomala, dove si vuole prima accogliere e poi accompagnare ad inserirsi, anche imparando la lingua, in una realtà così complessa ed articolata com’è quella della città di Roma???

Sono giovani e meno giovani, prevale l’elemento femminile, ci sono i laureati, quelli che hanno studiato ma non molto, e spesso scopriamo qualche caso di analfabetismo.

Anche quest’anno abbiamo avuto la sezione “ragazzi” per aiutare, in particolare, i figli di immigrati che frequentano la scuola media “Sinopoli” ed incontrano difficoltà nel seguire le lezioni proprio a causa della carente o imperfetta conoscenza della lingua italiana.

Quanti sono gli “alunni”, grandi e piccoli che hanno frequentato la nostra “scuola”? Anche quest’anno abbiamo avuto una forte affluenza nel “corso d’italiano” che prevede fino a 3 livelli di preparazione (come dire 3 classi diverse) ed è a ciclo continuo. Ciò significa che ci si può iscrivere ed iniziare il corso in qualunque periodo dell’anno scolastico.

Anche la persona più distratta comprende bene lo sforzo e l’impegno dei 10 insegnanti volontari chiamati a seguire ogni “alunno” tenendo conto del suo livello di conoscenza o non conoscenza della lingua italiana.

Comunque la nostra non è una scuola, anche perché il silenzio delle aule durante le lezioni rasenta la sacralità; non perché siamo in Parrocchia, ma perché gli alunni sono speciali.

Il venire a lezione per molti di loro o è tempo rubato al lavoro, o è comunque tempo prezioso perché sanno che prima imparano prima troveranno lavoro.

I loro volti esprimono grande serietà, preoccupazione per la nuova vita che li aspetta qui in Italia, difficoltà per il lavoro che non trovano, a volte disperazione perché non sanno dove andare a dormire…

Eppure sono lì, diligenti, attenti, un po’ intimiditi.

Quest’ “aura silente” è interrotta dalla vivacità dei ragazzi (loro non sembrano avere grandi preoccupazioni) e dal tono di voce di qualche insegnante che teme il binomio classe=dormitorio.

Più che una scuola è un porto di mare, nel senso buono del termine, porto come rifugio, come salvezza, come possibilità di riposare, fare rifornimenti e poi ripartire col tempo buono.

Ma anche con tutti gli inconvenienti del porto, chi va e chi viene,, chi si ferma a lungo e chi solo per poco.

Ecco, noi siamo a loro disposizione, quando possono venire noi ci siamo, se non possono loro vengono altri.

Il “turn over” è grande, ma i loro problemi ancora di più.

                                                                                      di Maria Carelli Antola

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